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Cattedrale di Modena, Torre della Ghirlandina e Piazza Grande Patrimonio dell'Umanità dal 1997

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Cattedrale

 

Il 9 giugno 1099 rappresenta una data importantissima per la città di Modena. In quel giorno venne posata la prima pietra del Duomo di Modena, splendido esempio di arte romanica che stupì i contemporanei, e che continua tuttora a sorprendere per la sua straordinaria bellezza e originalità. Una cronaca contemporanea, la Relatio de innovatione ecclesiae Sancti Geminiani, ci informa che la scelta dell’architetto avvenne per miracolosa ispirazione divina: il clero e la cittadinanza modenesi affidarono l’incarico di progettare la Cattedrale a Lanfranco, il quale diede vita a un’architettura nuova e ardita, che costituì un modello per l’arte romanica fiorita dopo di lui. Per il rivestimento lapideo dell’edificio fu utilizzato materiale di reimpiego proveniente da Mutina romana, come dimostrano le indagini scientifiche effettuate durante la recente campagna di restauro iniziata nel 2006.

Sulla struttura ideata da Lanfranco, una basilica suddivisa in tre navate da un’alternanza di colonne e pilastri con presbiterio sopraelevato sulla cripta, si innestò, in uno straordinario rapporto di armonia, la scultura di Wiligelmo. A lui e ad altri scultori attivi agli inizi del XII secolo si deve la splendida decorazione che popola di motivi vegetali o di esseri fantastici ogni capitello della loggia e delle semicolonne e ogni mensola dei sottostanti archetti, motivi architettonici che come un ritmico contrappunto scandiscono l’intero perimetro del Duomo.

All’officina di Wiligelmo si devono anche la maggior parte delle sculture collocate sulla facciata, raffigurazioni sacre e profane, celestiali e mostruose: riassumono l’intero mondo spirituale dell’uomo medievale, la fede, le speranze, i timori, le certezze e i dubbi. Ma la grande arte di Wiligelmo si esplicitò nella decorazione del Portale Maggiore, dove, con primitiva ma potente espressività, egli sintetizzò la visione del mondo dell’uomo del suo tempo. Fra intricati viluppi vegetali che evocano il bosco, luogo considerato temibile ed insidioso che simboleggia la vita umana, abitano esseri mostruosi di ogni genere, immagini del peccato che costantemente minacciano il cammino spirituale dell’uomo. Di qui la lotta che oppone il credente a una folla selvaggia di leoni, draghi, centauri: mostri desunti dai repertori dell’antichità e dai bestiari medievali. Ma se il viaggio della vita è un difficile percorso, la meta èla Salvezza: scene liete di vendemmia evocano la “vigna del Signore”. All’interno degli stipiti vi sono figure di Patriarchi e Profeti, che annunciano la venuta di Cristo, sottolineando il significato simbolico della Porta della Chiesa, la quale è crinale tra due condizioni: quella dei fedeli radunati all’interno, salvi, e quella di chi è fuori, possibile preda del demonio.

Rimane ancora ineguagliata, dopo nove secoli, la toccante espressività dei Rilievi della Genesi, scolpiti da Wiligelmo su grandi lastre di pietra, anch’esse di reimpiego. Le vicende di Adamo ed Eva, di Caino ed Abele, dell’arca di Noè conservano ancora oggi, intatte, una forte intensità, una inusuale carica espressiva e una straordinaria capacità narrativa.

Negli ultimi anni gli studiosi hanno mostrato un forte interesse per il significato di questi rilievi che può essere ricondotto a due scuole di pensiero.
La scuola globale colloca le sculture della Genesi in un contesto assai ampio che comprende l’atteggiamento medievale nei confronti del lavoro e della salvezza. Proprio sulla linea di una idea di salvezza e di riscatto, quale sarebbe il significato del programma dell’intera facciata, volutamente si sarebbero omessi tutti quei particolari che sanciscono una perdita irreparabile di Dio. Il lavoro umano è sì una dura condizione di vita, ma quotidiana e famigliare. 

La scuola locale, invece, vede la scultura esterna della cattedrale modenese come una risposta locale ai problemi inerenti la città di Modena e il suo ruolo nella Riforma Gregoriana. Secondo questa interpretazione, i quattro rilievi della Genesi, raffigurano significative tematiche relative alla Riforma: il peccato, il pentimento, la necessità di avere un clero correttamente ordinato e investito e la centralità della Chiesa come unica istituzione in grado di garantire il conseguimento della redenzione. Di conseguenza, coloro i quali progettarono il raffinato programma del Duomo di Modena, avrebbero inteso propagandare la nuova alleanza con il papato, un accordo che sostituiva la precedente adesione di Modena al partito imperiale.
Ai primi due decenni del XII secolo risalgono anche i rilievi che ornano le altre due porte aperte da Lanfranco nel Duomo. La Porta dei Principi, affacciata su Piazza Grande, accoglie i fedeli narrando loro la storia del patrono san Geminiano, trascritta per immagini e trasformata in racconto, con figure di una qualità del tutto singolare.

Sul lato settentrionale, nei pressi della torre Ghirlandina, si apre invece la Porta della Pescheria, originale per la concreta umanità dei due telamoni che dialogano con chi varca la soglia, chiedendo aiuto per sostenere l’enorme peso che li opprime. All’uomo e al suo lavoro sono dedicate le sculture degli stipiti interni di questa porta, su cui sono effigiati, sotto spoglie umane, i dodici Mesi intenti ai lavori della campagna. Alla sfera del fantastico e del racconto fanno piuttosto riferimento sia l’insolito archivolto, in cui è scolpita la vicenda di Re Artù di Bretagna, sia gli stipiti e l’architrave, dove animali protagonisti delle antiche fiabe di Fedro e al Roman de Rénard emergono tra intricati grovigli vegetali.

Uno sguardo particolare va infine rivolto alle Metope, rilievi posti sui salienti del tetto, che mostrano un vivace repertorio di esseri fantastici e mostruosi: oggi sul Duomo troviamo in realtà delle copie, poiché gli originali sono stati trasferiti nel al Museo Lapidario del Duomo, per problemi conservativi.
A maestri padani attivi poco prima dell’arrivo dei Campionesi, cioè intorno al 1170 – 80, e che mostrano di conoscere la scultura del Battistero di Parma si devono anche l’ambone e il pontile che, all’interno della Cattedrale, precedono l’ingresso alla cripta.
Dagli ultimi decenni del XII secolo circa fino ai primi del XIV, furono attivi nel cantiere del Duomo e della Ghirlandina i Maestri Campionesi, maestranze provenienti da Campione, sul lago di Lugano, organizzate come vere e proprie botteghe famigliari. Dobbiamo a loro l’apertura del grande rosone e delle due porte laterali nella facciata e della magnifica Porta Regia su Piazza Grande, che con il gioco cromatico dei suoi preziosi marmi rosati spicca sulla candida parete del Duomo ed anche la creazione del falso transetto che si inserisce sull’originaria struttura basilicale progettata da Lanfranco.
Nella navata centrale, all'interno, Enrico da Campione realizzò il pulpito nel 1322. 
Nella cripta è custodito il sepolcro di San Geminiano, patrono di Modena, e si conserva un capolavoro del Rinascimento modenese, La Madonna della pappa, gruppo in terracotta policroma di Guido Mazzoni (1480 – 1485 ca).

All’interno del Duomo si conservano altre opere importanti, soprattutto dei secoli XV e XVI, l’Altare delle Statuine di Michele da Firenze (1442 ca), il Coro intarsiato dei Lendinara (1465), la Cappella Bellincini (1475 ca), la Tavola di San Sebastiano di Dosso Dossi (1518 – 1522) e il Presepio di Antonio Begarelli (1527).